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[26/07/2017] Anagrafe: Residenza nella roulotte? Illegittima se non autorizzata con il permesso a costruire
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Abitare in una roulotte, in mancanza di una normale abitazione, costituiva un rimedio possibile al fine di garantire la residenza (e quindi l’iscrizione anagrafica) in situazioni particolari.
L’ISTAT ed il Ministero dell’Interno, nel definire il modello ufficiale per gli accertamenti anagrafici, richiedono di specificare il “tipo d alloggio” (si veda il punto 5 del modello ufficiale) ove la persona va ad abitare distinguendo tra abitazione o altro tipo di alloggio da specificare tra roulotte, baracca, grotta, ecc.
Conseguentemente l’Ufficiale d’Anagrafe è tenuto a registrare la residenza delle persone, oltre che nelle normali abitazioni, anche in altri tipi di abitazione tra cui, appunto, la roulotte. L’unico discrimine, nel caso della roulotte, è che essa sia impiantata su suolo privato e non pubblico: in tale ultimo caso servirebbe un’autorizzazione all’occupazione permanente del suolo pubblico.
Una recente decisione del Consiglio di Stato (sentenza n. 3435 del 12 luglio 2017) ha stabilito l’illegittimità dell’uso delle roulotte a fini abitativi e di residenza. Ciò in quanto, secondo i Giudici di Palazzo Spada, sarebbero violate le normative urbanistiche ed edilizie.
Secondo l’Alto consesso la roulotte utilizzata stabilmente come abitazione per la famiglia dovrebbe prima essere autorizzata al rilascio del permesso di costruire secondo quanto disposto dall'articolo 1 comma 1 lettera a) del D.p.r. n. 380 del 2001.
Conseguentemente nel caso in cui la roulotte sia utilizzate per soddisfare esigenze abitative e sia stata impiantata in assenza di titolo edilizio è legittima l'ordinanza comunale di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi ove era posizionata.
Il caso oggetto della sentenza nasce a Brescia.
Il Comune di Brescia aveva proposto appello contro la sentenza del Tar per la Lombardia - Brescia, sezione I, n.1398 del 27 ottobre 2015 - che aveva accolto il ricorso proposto dai proprietari di tre roulotte in un campo nomadi avverso l'ordinanza di rimozione delle stesse.
Il Consiglio di Stato ha invece ha accolto le ragioni del Comune evidenziando che l'art. 3, comma 1, del D.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia), alla lettera e) definisce gli interventi di nuova costruzione come "quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite nelle lettere precedenti”. Tra tali interventi, alla lettera e. 5), l'anzidetta norma prevede "l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee".
Il legislatore identifica, dunque, le nuove costruzioni non solo (e non tanto) per le loro caratteristiche costruttive, ma piuttosto per il loro uso.
Nel caso oggetto del giudizio, le opere realizzate dal ricorrente in assenza di titolo edilizio integrano quelle di cui alla predetta lettera e. 5, in quanto, come accertato dal Comune di Brescia, le tre roulottes trovate sul lotto di proprietà del ricorrente vengono utilizzate (periodicamente, ma) stabilmente come abitazione per la famiglia.
La prova dell'utilizzo continuativo a fini abitativi (rilevante per qualificare le roulottes come costruzioni) si evince da diverse circostanze tracci: la relazione della polizia locale di Brescia, che in occasione del sopralluogo ha rilevato la stabile dimora degli interessati, la richiesta delle utenze per l’acqua e l’energia elettrica effettuata presso i gestori dei relativi servizi, le stesse dichiarazioni rese dagli interessati ove veniva confermata l’intenzione del nucleo familiare di risiedere stabilmente nelle roulottes anche al fine di consentire la frequenza scolastica obbligatoria ai figli minori, nonché il prosieguo di alcune terapie sanitarie a favore di uno dei figli minori.
Vedi la sentenza del Consiglio di Stato n. 3435 del 12 luglio 2017
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